Il fenomeno del Carsismo si sviluppa a seguito della dissoluzione delle rocce calcaree, la corrosione avviene per opera delle acque meteoriche, che scorrendo sulla superficie ed attraversandola intaccano la roccia calcarea. Questo lento fenomeno da vita alle forme carsiche : Guglie, Pinnacoli, Vasche, Karren, Doline, Puli, Pozzi, Inghiottitoi, Antri e Grotte, con le tipiche formazioni che le rendono uniche: Stallatiti e Stallagmiti.
Nel nostro territorio interno ce ne sono due che, a saperle ascoltare, hanno tanto da raccontarci.
Grotta delle Donne
Grotta situata sulle Colline di Santo Stefano, di dimensioni 7 x 10 m, alta fino a 1, 60 metri. Il pavimento è occupato da massi e detriti, sulla volta sono presenti piccole stalagmiti, stalagmiti e colonne: in geologia, sono quelle concrezioni, in genere calcaree, che il carbonato di calcio forma in soluzione depositandosi, nella forma cristallina della calcite. La formazione di tale ambiente ha richiesto migliaia di anni ed è in continua evoluzione per la presenza di acqua per stillicidio, seppur molto modesto.
Si narra che nella Grotta delle Donne vi si nascondessero le donne durante l’ultima guerra per non subire le violenze dei soldati nemici. Non osiamo neanche immaginare di quanta angoscia siano state protagoniste le pareti di questa grotta.
Grotta della Sabina
L’ingresso venne scoperto nel 1841 da un minatore in cerca di cave per massi da scogliera. Si narra che i gradini siano stati realizzati dai briganti che utilizzavano la grotta come rifugio. E’ possibile però che la frequentazione della grotta sia molto più antica, in relazione alla vicinanza del tempio di Giove Anxur, e che i gradini siano stati realizzati per sfruttare la grotta a scopo di culto.
Le concrezioni calcaree, stalattiti e stalagmiti, bianche e brillanti, sono messe in risalto in questo scuro scrigno; ma oltre al loro aspetto decorativo, le concrezioni delle grotte hanno un eccezionale interesse scientifico: in un certo senso esse registrano l’evoluzione del sistema carsico, sono le preziose testimoni della sua storia.
Le concrezioni che siamo abituati a vedere sono composte da carbonato di calcio, nella Grotta Sabina sono presenti anche le concrezione a vela, una formazione di varia estensione superficiale che pende dalla volta della grotta, a forma di lama, dallo spessore sottile, simile ad un drappeggio. A volte, gli spessori di questo tipo di concrezioni risultano talmente sottili che ponendoci dietro una fonte di luce si possono osservare in trasparenza le variegate colorazioni date dai minerali presenti in esse. In gergo popolare si può sentire anche il termine “fetta di prosciutto”.
Questa grotta è nota da sempre, ed è stata frequentata dalla popolazione locale fin da tempi lontani; ne è testimonianza la presenza di gradini intagliati nella roccia forse a scopo di culto già in epoca romana.
Doveroso da parte nostra l’impegno a preservarle e farle conoscere alle nuove generazioni; la storia, il lavoro della natura, le speranze e le angosce delle quali sono state inconsapevoli testimoni…tutto questo non deve scivolare nell’oblio! Una generazione di giovani consapevole della natura e della storia che può raccontare, è certamente una generazione più forte.
Contributo e foto: Arianna Forte